A scuola mi hanno insegnato che il mare italiano si chiama Mediterraneo.
E ci sono i sotto-nomi dei mari che ci circondano: Adriatico, Ionio, Tirreno e Ligure.
Poi scopro che c’è un pezzetto d’Italia, da Trapani in giù, dove si vantano di essere quasi nordAfrica, e dove il mare non ha nome. Si chiama Mediterraneo e basta.
A Mazara crollano molte certezze.
Quelle geografiche apprese con difficoltà durante quell’estate da rimandata.
Quelle alimentari, la cucina tunisina piena di aromi è più leggera e digeribile di una pizza lievitata male.
Quelle di una vita spesa nella capitale, perchè qui, volendo, si può fare tutto.
E si finisce per non fare nulla, soffocati dallo stress e strangolati dal traffico.
Certo le bancarelle del festino di San Vito non sono eccezionali se anche io riesco a non comprare nulla.
Ma l’applauso e le acclamazioni al passaggio della statua del santo giovane, ricoperta d’argento, suscitano una emozione profonda che nessun acquisto compulsivo potrà mai rendere.
Il tempo sembra fermo agli anni sessanta; la vecchia tunisina con il giacchetto di lana ti fa pensare che oltre all’epoca hai sbagliato anche stagione.
Il banditore che vende e dimostra su una parrucca un rivoluzionario fermaglio per i capelli, e la ragazza che carica la pistola del tiro a segno ti fanno ripromettere di non lamentarti mai più del lavoro che fai, mai più.
La processione, a cui partecipano i bambini del paese che, genitori al seguito, hanno sfidato il caldo torrido per fare le prove, fa venire voglia di fare una ricerca su internet per capire la storia di quel santo morto a quindici anni e raffigurato in compagnia dei cani.
Come si fa a diventare santi a quindici anni? Cosa si può fare di miracoloso in così poco tempo, se a noi non basta una vita mediamente lunga per dare un senso all’esistenza?
I siciliani, come i napoletani, seduti a crocicchi davanti ai loro bar, con caffè o granita che sia, mi danno l’idea di essere un popolo di filosofi. Con il caldo l’unica attività che non fa sudare è parlare e filosofeggiare. E lo fanno dappertutto, a gruppetti dentro l’acqua trasparente, davanti il circolo della caccia, in piazza sulle belle panchine nuove messe dal neosindaco di destra, eletto quasi con un plebiscito. Il sindaco che fa il bello durante la processione tra le autorità, con fascia d’ordinanza, baffoni di vanità, e senza cravatta come un sessantottino. Sarà stato quest'ultimo dettaglio che l’ha fatto eleggere anche da quelli di sinistra.
Ci sono cento motivi per visitare Mazara, cento come le sue chiese, forse mille come i suoi pescherecci. Ma ne basterebbe uno: il satiro danzante.
E mentre Mission Impossible sogna l’Alta Val Badia mi riprometto di tornare a primavera o in autunno, troppi posti da visitare sono rimasti intrappolati nell’afa.