Dopo una serata come ufficiale di picchetto passata a gestire fiumi d'acqua che entrano nell'edificio e centraline di allarme impazzite, stamattina riparto per il lavoro. Qualche collega gentile mi informa che la solita strada è bloccata per i postumi del maltempo.
Cambio strada e già questa è una delle piccole attività quotidiane che bisognerebbe fare per mantenere agile e flessibile la mente (perlomeno così recitano i manuali per prevenire l'invecchiamento psicofisico).
C'è il sole e l'aria è tersa, come sempre dopo la tempesta.
Vedo a destra una collina con tante pecore ed agnellini, qualcuna è nera. Che bello spettacolo ti riconcilia con la vita, penso.
Cinquecento metri e davanti ho uno scorcio di strada di campagna, ai lati alti alberi dai bellissimi colori autunnali. E' già sono felice e faccio progetti: cambio strada tutti i giorni, non faccio più l'autostrada, così fredda. Che meraviglia la natura, che bello questo arancione, mi mette di buon umore!
Ma dietro la curva successiva vedo qualcosa che con la natura ha più poco a che fare: una povera prostituta, è una donna, un uomo? Non si capisce neanche l'età tanto il viso è deformato dalle plastiche e dalle punture... che tristezza.
Mi fa pena, alle nove di mattina con quell'umidità che trasuda dalla terra dopo il diluvio della sera prima.
Poi rifletto: se sta qui a quest'ora vuol dire che c'è richiesta.
E se lei/lui è un personaggio ai margini della società, che nella mia fortunata esistenza scopro solo se sbaglio strada, i suoi clienti sono tra di noi, considerati "normali".
Fine della poesia, non mi sento più tanto bucolica, voglio fare lo struzzo.
Domani riprendo l'autostrada, fredda ma rassicurante.