Mi piace molto l'espressione disordine controllato.
L'ho sentita da una guida all'oasi di Ninfa, descriveva il giardino dove le piante sembravano nate da manciate di semi buttati lì casualmente, invece dietro c'era lo studio di raffinati paesagisti e di infaticabili giardinieri.
Insomma il contrario del giardino all'italiana dove sembra che invece che vanga terra semi e concime i giardinieri usino compasso squadra e righello.
Bene il caos, casino, baraonda che mi circonda preferisco chiamarlo disordine controllato. Non butto nulla, scontrini fogli buste riviste vestiti scarpe perline lana ninnoli ciaffi si ammucchiano da anni con il criterio finchè c'è posto. E le cose devono stare a vista. Se le chiudi nell'armadio o nei cassetti e non si vedono perdono essenza ed è come se non esistessero più.
E poi le cose hanno l'anima, ogni impiccio ha una storia e se non ce l'ha prima o poi qualcuna gliela inventerò.
Diffido di quelli troppo ordinati.
L'ordine è come la puntualità: virtù di chi si annoia.
p.s. nella foto lavette che spero faranno bella mostra di sè nella toilette di una bellissima casa a Parigi molto vicina a place Vendome.